giovedì 25 maggio 2017

Altri precariati a scuola

Sono solo gli insegnanti ad essere precari nella scuola pubblica italiana oggi? Basta leggere le cronache bolognesi che parlano di educatori scolastici in piazza per capire che ovviamente non è così
Non solo gli insegnanti supplenti insomma, ma anche educatori ed educatrici, insegnanti di italiano L2, lettori: un “altro precariato”, non direttamente dipendente dal MIUR, che lavora sotto varie forme contrattuali  con “tanti padroni” (le scuole stesse, i comuni, e perché no le famiglie..) che però garantisce servizi fondamentali alla didattica e all'educazione.
Fuori Ruolo, la voce del Coordinamento Precari e precarie, tenta oggi una prima mappatura di questo precariato troppo spesso sommerso e invisibile, con una puntata ricca di interviste.
Dallo studio, Laura ci ha parlato della situazione delle insegnanti di italiano come lingua seconda nei Centri Provinciali di Istruzione per Adulti, dove si presta servizio come lavoratori autonomi su progetti finanziati dal fondo europeo FAMI. Sempre Laura ci ha poi ricordato che anche nelle scuole elementari e medie le insegnanti di italiano L2 lavorano a progetto, con l’intermediazione di cooperative che vincono bandi e spesso trattengono buona parte dei fondi stanziati dalle scuole per le ore di docenza.
Abbiamo poi sentito Cedric, lettore di francese, anche lui lavoratore autonomo su progetto, che ci ha raccontato della difficoltà di trovare ogni anno le scuole dove lavorare e della necessità, a suo avviso, di un progetto più organico sulle lingue straniere.
Infine, abbiamo sentito Marco delegato degli educatori scolastici di USB, che ci ha parlato dello sciopero degli educatori ed educatrici scolastiche dell’8 maggio scorso e dei problemi della nuova gara d’appalto comunale per i servizi scolastici. C'è una prospettiva di lotta comune fra insegnanti e le altre figure del mondo della scuola colpite dalla precarietà, ci siamo chiesti con Marco? Occorre superare degli steccati e delle reciproche diffidenze, capendo che è la salute della scuola pubblica ad essere al centro delle varie battaglie.  
Infine per approfondire un suggerimento di lettura: pur affrontando tutto il mondo del lavoro degli educatori e quindi non solo dei servizi scolastici dei buoni spunti di riflessione si possono trovare nel libro a cura di Renato Curcio, La rivolta del riso. Le frontiere del lavoro nelle imprese sociali tra pratiche di controllo e conflitti biopolitici, Sensibili alle foglie, 2012.

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giovedì 18 maggio 2017

L'Invalsi ai tempi della legge 107

A partire da questa settimana tornano nelle nostre classi le prove Invalsi. Al Convegno nazionale di formazione L'Invalsi ai tempi della legge 107, svoltosi martedì 2 maggio presso l'Istituto Aldini Valeriani era presente il Coordinamento precari-ie scuola Bologna
A partire da questa settimana tornano nelle nostre classi le prove Invalsi e il Coordinamento delle precarie e dei precari della scuola di Bologna ha deciso di dedicare la puntata odierna di Fuori Ruolo ai famigerati test che compiono il loro dodicesimo anno di vita.
Queste prove sono state fin dalla loro creazione protagoniste di un sentito dibattito all'interno del mondo della scuola, che si è domandato quale sia la loro reale funzione, se migliorino il sistema d'istruzione e quali abilità siano in grado di rilevare. I nostri studenti del primo ciclo hanno avuto già ieri modo di confrontarsi con questa discussa prova che sarà destinata ad accompagnarli fino alla soglia della Maturità, poiché la recente delega sulla valutazione prevede la somministrazione di un test Invalsi anche durante il quinto anno. Agli studenti delle superiori le prove verranno, invece, somministrare martedì 9 maggio, tra le proteste di parte del corpo docente e degli stessi allievi.
Questa puntata prende numerosi spunti di riflessione dall'interessante Convegno nazionale di formazione L'Invalsi ai tempi della legge 107, svoltosi martedì 2 maggio presso l'Istituto Aldini Valeriani di Bologna, al quale abbiamo partecipato sia come singoli docenti interessati alla questione sia come Coordinamento Precari/e con la relazione L'Invalsi nella formazione dei “nuovi” docenti tenuta da Fabrizio Crasta. Gli interventi sono stati numerosi e differenti tra loro, alcuni incentrati sulla normativa altri sulle modalità attraverso le quali si può tentare di smontare il modello di pensiero unico incarnato dall'Invalsi grazie ad una riflessione sulle prove compiuta insieme con i nostri studenti.
Riportiamo nella puntata odierna due brevi interviste alla maestra Barbara Bertani di Reggio Emilia e al professor Matteo Vescovi che ci raccontano le loro esperienze didattiche soffermandosi sulle modalità attraverso le quali svolgono ogni anno un'azione contrastiva nei confronti della banalizzazione dei saperi sottesa alla concezione omologante propria dell'Invalsi.
Sulla base dei differenti input raccolti e della nostra diretta esperienza didattica, evidenziamo nella puntata gli aspetti maggiormente critici di questa tipologia di prova, soprattutto per quel che concerne la prova di italiano. Le prove Invalsi appaiono, ai nostri occhi, un addestramento al pensiero unico attraverso un'interpretazione univoca dei testi la cui ricchezza viene banalizzata. La complessità, infatti, non è presente in queste prove e noi docenti ci domandiamo come sia possibile valutare competenze – per loro definizione appunto complesse – attraverso prove tendenti alla semplificazione. Inoltre, rileviamo una contraddizione tra l'enfasi che le direttive ministeriali pongono sulla personalizzazione dei percorsi didattici e la necessità di valutare gli apprendimenti con una prova comune. Infine, sottolineiamo come le prove siano strutturate in maniera “classista”: il tenore delle discussioni in famiglia e il lessico utilizzato in casa influenzano enormemente i risultati dei nostri studenti nella prova di italiano. I dati ci dicono, infatti, che sono rarissimi gli studenti non provenienti da un ambiente domestico italofono a riuscire a raggiungere risultati soddisfacenti in queste prove.
Riteniamo che ogni docente dovrebbe porsi questa domanda: ritengo che le prove Invalsi migliorino la mia didattica? Analogamente studenti e studentesse dovrebbero chiedersi se questo addestramento abbia risultati positivi sul loro apprendimenti. Alla luce della nostra esperienza didattica e delle riflessioni pedagogiche sul tema, le docenti e i docenti del Coordinamento sono concordi nel rispondere con un fermo “no”.
Il coordinamento precari-ie vi dà appuntamento come sempre alle 13.30 del giovedì di radiocittàfujiko.

Per approfondire:
Nel 2013 è stato pubblicato dal Centro Studi Scuola Pubblica e Cobas il volume I test Invalsi. Contributi ad una lettura critica, ad oggi l'unica riflessione critica uscita in forma documentata e articolata. Il volume è consultabile a questo link:
Pur essendo di due anni fa, consigliamo la lettura di questo articolo di Silvia Di Fresco, docente della scuola secondaria di secondo grado, che inquadra ed analizza in maniera dettagliata la questione Invalsi-neoliberismo-riforma della scuola

Pratiche di disobbedienza didattica e di disinnesco del modello Invalsi alla scuola primaria: l'articolo di Gianluca Gabrielli riprende alcuni spunti emersi nel bell'intervento al convegno del 2 maggio.

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giovedì 11 maggio 2017

Bocciare o non bocciare?

La riflessione, che si fa urgente proprio alla fine dell’anno scolastico, ha preso avvio dalla recente iniziativa del governo di eliminare la bocciatura
Bocciare o non bocciare? Questo è il dilemma su cui Fuori ruolo, la voce del CPS Bologna si è interrogata senza riuscire a trovare una soluzione univoca. 

La riflessione, che si fa urgente proprio alla fine dell’anno scolastico, ha preso avvio dalla recente iniziativa del governo di eliminare la bocciatura. Proposta non andata in porto ma che comunque porta alla ribalta quello che da Don Milani in poi è stato considerato uno strumento sbagliato e inutile, simbolo di una società classista. La bocciatura infatti, se non ha l’obiettivo di punire l’alunno per le sue mancanze durante l’anno, può rivelarsi utile per arrivare a quei traguardi senza i quali non sarebbe possibile per lo studente andare avanti. Prendere una posizione pro o contro è tuttavia impossibile dal momento che le scelte didattiche devono essere calate in situazioni concrete e legate ad un percorso. Percorso che viene però spesso ostacolato da genitori che minacciano ricorsi, dirigenti invadenti e dalle stessa condizione dei precarietà in cui gli insegnanti lavorano. Il ripetente che si trova a dover ‘ripetere’ con chi lo farà? In quali condizioni? Ripetere di nuovo la stessa cosa infatti non assicura di fare meglio se non c’è una riflessione condivisa da studente, insegnante e famiglia su che cosa è andato storto. E allora, se la bocciatura non viene digerita, l’alunno che fallisce può diventare un problema per la classe e per l’insegnante. Il ripetente infatti non ascolta, se l’insegnante parla, lui gioca col cellulare, scrive sui banchi, oppone resistenza in ogni modo, come ci racconta Eraldo Affinati nell’Elogio del ripetente. Nel libro lo scrittore offre numerosi spunti di riflessione che permettono di calarsi nei panni dell’altro, dell’asino, del ‘beduino’  rivelando come spesso il sistema di valutazione sia inadeguato. Per uno studente che ripete qualsiasi cosa è uno sforzo sovrumano, per cui ogni minimo passo va valorizzato al di là di ogni scala numerica che lo voglia ingabbiare.

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