venerdì 19 gennaio 2018

La "Futura" del MIUR: scuola digitale, precariato immortale.

QUALE FUTURO PER LE ASPIRANTI E GLI ASPIRANTI INSEGNANTI?

“Il futuro invade Bologna” ha detto trionfalmente Valeria Fedeli, la ministra dell’Istruzione, che oggi sarà a Palazzo Re Enzo per un evento sulla scuola digitale.
Ma non si può parlare del futuro della scuola pubblica senza occuparsi delle modalità con cui gli/le aspiranti insegnanti potranno entrare in ruolo e delle condizioni in cui lavoreranno.  

Il nuovo percorso di reclutamento e formazione dei docenti della scuola secondaria, il FIT, sembrerebbe un passo avanti rispetto al passato, perché prevede:
  • concorso prima dei tre anni di formazione;
  • retribuzione per gli insegnanti in formazione.

Ad una lettura più approfondita, però, scopriamo tutte le magagne del nuovo sistema.
  • Cambiano ancora i requisiti di accesso al concorso
Devono essere acquisiti, prima del concorso, 24 cfu in discipline antropo-psico-pedagogiche: e chi non è più iscritto all’università? Deve recuperare esami, pagando le ennesime tasse universitarie.
  • Si legittima il lavoro sottopagato e la discriminazione salariale
Per gli insegnanti in formazione, la retribuzione sarà di 400 euro netti mensili, ma il FIT richiede un impegno a tempo pieno, non conciliabile con altre occupazioni.
  • Il FIT è un percorso lungo disseminato di ostacoli
Nei tre anni i corsisti saranno continuamente valutati, anche dai Dirigenti Scolastici delle scuole in cui lavoreranno; è previsto un anno di prova (il terzo), non ripetibile. E in caso di fallimento? Si riparte dalle selezioni!
  • La precarietà viene resa più sommersa
Ci sarà sempre bisogno di supplenti per quelle cattedre che non potranno andare ai corsisti del FIT; se davvero le Graduatorie d’Istituto non verranno riaperte nel 2020, si ricorrerà sempre di più alle Messe a Disposizione (MAD), uno strumento non trasparente, fuori da qualsiasi graduatoria, che non permette di maturare il punteggio e il diritto all’assunzione dopo 3 anni.

Troppo spesso, l’innovazione tecnologica viene presentata come panacea di tutti i mali della scuola pubblica. Ma la qualità della didattica passa anche e soprattutto dal dare diritti, dignità e condizioni di lavoro stabili alle aspiranti insegnanti, ai precari e alle precarie.
PER QUESTO CHIEDIAMO:
  • la parità di diritti e salario tra insegnanti in formazione e insegnanti di ruolo;
  • la possibilità di ripetere l’anno di prova;
  • la riduzione del percorso FIT a due anni;
  • la riapertura delle Graduatorie d’Istituto anche per il prossimo triennio;
l’accesso al FIT senza un concorso selettivo e l’assunzione per chi matura 3 anni di servizio, come da direttiva europea

link dell'evento

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