giovedì 8 giugno 2017

Il privato… è pubblico?

A partire dalla legge 62/2000 le scuole private hanno trovato una classificazione. La legge distingue tra scuole paritarie e scuole non paritarie: entrambe le tipologie di istituti assolvono all’obbligo di istruzione, ma si differenziano per la possibilità o meno di rilasciare titoli di studio con valore legale. Tutti gli altri istituti didattici, come ad esempio i centri linguistici o quelli di recupero anni, come disposto dalla legge 27/2006, non rientrano negli elenchi regionali e non possono essere definiti “scuole”.
Di conseguenza tutti gli allievi/e che frequentano scuole non paritarie o altri istituti non riconosciuti dallo stato devono rivolgersi alla scuola statale o ad una paritaria per ottenere i titoli di idoneità e di maturità.
La legge 62/2000 motiva il riconoscimento delle scuole paritarie in virtù del “principio costituzionale della libertà di educazione” che però prevede che esso si svolga “senza oneri per lo stato”. Ma è veramente così?
No. Lo stato stanzia dei finanziamenti per le paritarie e la tendenza è quella di aumentarli sempre di più: vedi il bilancio del 2017.
No. Libertà sì, ma una libertà legata all’identità della scuola prescelta, non una che tuteli la pluralità di identità garantita invece dalla scuola statale. E se la differenza è una ricchezza, nonché la condizione necessaria nella società contemporanea…
Parlando di finanziamenti, dato che Bologna è sempre il primo specchio della tendenza nazionale, poco dopo l’approvazione della riforma zero-sei sono stati stanziati 150 milioni… per l’ennesima volta in barba al referendum cittadino del 2013. Oltre ad essere un onere per lo stato, l’iscrizione alle scuole private necessita di una famiglia facoltosa alle spalle: libertà sì, ma solo se hai i soldi dunque.
E i docenti e le docenti in tutto ciò? Di questi soldi nelle loro tasche arriva ben poco, talvolta proprio nulla. Storie di docenti trasferitisi al Nord dopo aver lavorato solo per la gloria e per il punteggio (i famosi 12 punti nelle graduatorie di istituto) ne abbiamo tante. Che poi si tratta di una gloria relativa, dato che spesso all’interno di queste scuole il ruolo del docente è fortemente denigrato, spesso anche dagli studenti stessi.
Quindi il privato è veramente sinonimo di qualità? A voi l’ardua sentenza.

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